Movimentata storia di un Cupido dormiente
Un Cupido che giace e dorme posato su una mano: è integro ed è lungo circa 4 spanne, ed è bellissimo; c’è chi lo ritiene antico e chi moderno; comunque sia, è ritenuto ed è perfettissimo…
Questa è la prima descrizione che ci è giunta del perduto Cupido dormiente di Michelangelo; si trova in una lettera scritta a Isabella d’Este, grande appassionata e committente d’arte, dal suo corrispondente romano Antonio Pico della Mirandola, il 27 giugno 1496.
L’opera fu realizzata da Michelangelo probabilmente intorno al dicembre 1495/ gennaio 1496. Tuttavia non si può escludere una sua esecuzione precedente al ritorno a Firenze dalla fuga bolognese, come suggerito anche da alcuni studiosi. La statua rappresentava un Amorino dormiente di circa 6 anni (Condivi), a grandezza naturale (4 spanne, circa 92 cm). Fu probabilmente il commerciante Baldassarre del Milanese, abituale referente della famiglia Medici, a mostrarla a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, che giudicò che, opportunamente invecchiata, avrebbe tratto in inganno chiunque. Non si sa con sicurezza se fu Michelangelo o invece lo stesso Baldassarre del Milanese ad antichizzare l’opera interrandola; in ogni caso fu Baldassarre a venderla al cardinale di San Giorgio, Raffaele Riario, dal quale fu pagata 200 ducati, contro i 30 ricevuti da Michelangelo. Quando il cardinale scoprì che era un falso, la riconsegnò al Milanese in cambio della restituzione del denaro.
Il Cupido tornò inizialmente sul mercato. Il 27 giugno 1496 venne offerto per 200 ducati, probabilmente dallo stesso Baldassarre, al cardinale Ascanio Maria Sforza, che per qualche tempo lo tenne in vendita per conto del proprietario a Palazzo Sforza Cesarini. Il Riario mandò un suo uomo – è probabile si trattasse del suo banchiere di fiducia, Jacopo Galli ̶ a Firenze, affidandogli l’incarico di cercare l’autore del falso nelle botteghe fiorentine. L’inviato invitò Michelangelo a Roma facendogli balenare la speranza di poter avere la differenza tra la somma pagata dal cardinale e quella da lui ricevuta. Ma, da questo punto di vista, il viaggio a Roma fu infruttuoso. Michelangelo cercò inutilmente di essere rimborsato da Baldassarre o di riavere indietro la statua̶. Il Milanese continuò sempre a negare di essere stato l’unico responsabile dell’inganno, sostenendo che anche Lorenzo il Popolano e Michelangelo erano al corrente delle sue intenzioni.
Il Cupido andò successivamente a finire nelle mani di Cesare Borgia e poi del Duca di Urbino Guidobaldo da Montefeltro (cui fu donato da Cesare alla fine del 1496). Tornò in possesso del duca Valentino quando egli conquistò Urbino (1502), e fu regalato o venduto insieme a una Venere antica a Isabella d’Este nello stesso 1502, grazie all’intercessione di suo fratello Ippolito.
"(…) Frater honorandissime. Lo Signor Duca de Urbino, mio cognato, aveva in casa sua una Venere antiqua de marmo piccola, et così uno Cupido, quale gli donò altre volte lo Illustrissimo Signor Duca de Romagna. Son certa che questi insieme cum le altre cose siano pervenute nelle mani del predecto Signor Duca de Romagna in la mutazione del Stato de Urbino. Io che ho posto gran cura in recogliere cose antique per onorare el mio studio, desideraria grandemente averli; né mi pare inconveniente pensiere, intendendo che la E.S. non se delecta molto de antiquità, et che per questo facilmente ne compiacerà altri."
(Lettera di Isabella d’Este al cardinale Ippolito d’Este, Mantova, 30 giugno 1502)
Il Cupido di Michelangelo arrivò a Mantova il 21 luglio 1502 a dorso di mulo, insieme alla Venere, e venne collocato nella Grotta del castello di San Giorgio. Nel 1505 (dopo 8 anni di trattative con il mantovano, residente a Roma, Alessandro Bonatto) Isabella comprò anche un altro Cupido che dorme sopra una pelle di leone, attribuito a Prassitele.
Ancora in un inventario gonzaghesco del 1627 sono descritti 4 Cupidi, difficilmente identificabili.
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Un amorino che dorme sopra una pelle de lione L 48
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Un amorino piccolino che dorme sopra un sasso con due papaveri in mano L30
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Un amorino che dorme sopra un sasso L120
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Un altro amorino che dorme sopra una pelle di lione con un funerale in mano L150
Il Cupido di Michelangelo venne probabilmente venduto a Carlo I d’Inghilterra quando iniziò lo scorporamento delle collezioni mantovane. In una lettera del giugno 1631, il suo agente Daniel Nys scrisse che stavano per arrivare in Inghilterra opere della collezione mantovana, tra cui un “bambino” di Michelangelo, uno di Prassitele e uno di Sansovino. Molti pensano che si tratti dei 3 Cupidi di un disegno della Royal Library di Windsor, che sembrano però difficilmente coincidere con quelli descritti nell’inventario del 1627; l’opera di Michelangelo viene talvolta identificata con quello in basso a destra (n.28):
Il disegno n.29, talvolta identificato come l'opera di Prassitele, somiglia invece molto a un Cupido dormiente conservato a Torino al Museo Archeologico.
Se il Cupido di Michelangelo fosse effettivamente il n.28, l’autore avrebbe seguito un tipo piuttosto usato nell’antichità e attestato da un Amorino in marmo degli Uffizi, datato al II sec. d.C., simile nella posa e nella presenza di due papaveri:
e da un altro in bronzo, sempre romano, conservato al Metropolitan Museum di New York:
Questo modello si trova con caratteri molto simili anche in un disegno che viene attribuito ad Andrea Solari ed é conservato alla Galleria dell’Accademia di Venezia:
Molto simile è anche un Cupido sdraiato su pelle di
leone e con due papaveri, presente in collezione privata olandese, probabilmente degli inizi del XVI secolo.
Un altro modello forse presente a Michelangelo, che sicuramente ebbe modo di vederlo, era quello di un Cupido antico sempre del II sec.d.C., in marmo “bigio morato”, regalato a Lorenzo il Magnifico dal re di Napoli Ferdinando I nel 1488 e tuttora custodito nelle collezioni medicee. Presenta il braccio piegato dietro la testa e tiene in mano un “funerale” (la torcia girata verso il basso a simboleggiare lo spegnersi della vita):
Sempre agli Uffizi, è custodito anche un altro Cupido dormiente romano in marmo greco, datato alla metà del II sec. d.C. Esso presenta un foro nelle fauci della pelle di leone, che lo connota come fontana ed è probabilmente abbastanza simile a un altro Cupido perduto, quello già facente parte della collezione di antichità di Pietro Bembo:
A Corsham Court, in Inghilterra, nel Wiltshire, dove è custodita la collezione Methuen, si trova invece un Cupido dormiente che corrisponde alla descrizione dell’inventario secentesco del Cupido su pelle di leone e “con un funerale in mano” (quello dalla valutazione più alta) ma a nessuno di quelli disegnati nel foglio di Windsor Castle che raffigura i Cupidi Gonzaga. E’ stata proposta, ma con scarso successo, la sua identificazione con quello di Michelangelo:
Pur non essendo in grado di esprimere un parere, anche perché non ho avuto modo di vedere l'opera dal vero, sono convinta che il Cupido Methuen sia, se non l'autografo michelangiolesco, almeno una sua diretta derivazione. La sua posizione è simile a quella del Cupido nero di Firenze, probabile modello di Michelangelo, ed è la posizione che ritroviamo in diversi quadri del XVI/XVII secolo, anche di artisti vicini alla corte mantovana:
Antonio Carracci, Sacra Famiglia, Roma, Galleria Borghese
Annibale Carracci, San Giovannino dormiente
Anche la capigliatura è sempre molto simile, con il caratteristico ciuffo ondulato al centro della fronte. La posizione speculare di alcuni degli esempi è abbastanza frequente nel caso di opere derivate da stampe, che talvolta, quando la matrice era realizzata seguendo direttamente il modello, senza rovesciarlo, lo proponevano invece al contrario. Un così alto numero di derivazioni fa pensare che il prototipo fosse piuttosto conosciuto.
Non si può certo escludere, come di solito suggerito, che il Cupido di Michelangelo sia andata distrutto o perduto, magari nell'incendio di Whitehall Palace, sede di collezioni reali, nel 1698. Così come, al contrario, non sono senza interesse alcune proposte di identificazione alternative, come quella delle storica dell'arte Gianna Pinotti, che riconosce il Cupido, per la verità con scarso seguito, in un'opera rinascimentale di buona qualità custodita a Mantova nel Museo della Città a Palazzo San Sebastiano, proveniente dalla collezione di Vespasiano Gonzaga a Sabbioneta: